Di fronte alla pira di Patroclo

Quel vuoto fumigante che a casa la brace faceva
qui diversamente e meno teneramente lo sostenemmo
nell’occhio a stipare entro un dolore rituale, un fumo
nel liquido quieto del lacrimar perverso di noi soldati.


Sotto la paranoia di Achille per nulla lieti e di traverso
con fragore si esterna, palpita, essuda la nostra palpebra.
Sternutisce sbotta si scherma, al fumare di Patroclo che
s’invola in cenere, la lieta, l’attizzante, l’ammiccante.

Lui ci traversa, contenuto nel vapore della pira che vola.
S’inabissa su noi truppa, ci fascia di fastidi e fugge,
fa strani sbaffi tra gli scudi e le lance puntute.
Giganteggia la sua pira e lui su ancor più bello e mite.

La sfera umida e morbida del nostro occhio intanto
veleggia iridata e vede chiarori cristallini appannati,

per noi solo scettiche scintille della vittoria
un tremolare tra figuri armati e condottieri imperfetti.


Qui di stanza obbligata, esitiamo in un dubitare
che l’occhio ci rimbalza per equivoci bagliori

direttamente sulla fovea ribelle ad ogni fuoco

dove Zeus forse siede in trono e non si vede.

Un blick dell’occhio e rivediamo la pira sulla piana
come la si vedrebbe dalla rocca di Troia. Nera
fumigante che scopa l’orizzonte con la ramazza dura
di cenere e sacramentate particole di storia.

Ancora l’occhio fa un blick e nel sadomasochismo
medioevale la pira fumava torbida da slegati sacrari.
Trafugati sacelli e simboli come fiordi s’infiltrano
in credenze e da stroboscopiche balaustre mitizzano.

Un altro lacrimoso Augenblick della storia e si dissolve
in languida prospettiva ancora lei, pira nera stellata
che a sua volta allunga l’ombra sulla pletora dei militi.

Si spacca, abbrustolisce, nazisticamente si compiace.

Chiudo gli occhi attossicati dal fumo e nella lacrima
che singulta tra le fiamme vedo vittorie velate di nebbia.

Soldatesche vittorie che hanno virato dal vero, una verità
percolante dal corpo di Patroclo altero, la sua pira che dura.

0 commenti:

Posta un commento